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Qualche domanda a...

Robert Botteghi

Ingénieur Territorial en Chef Honoraire, ricercatore associato presso il Centre d'études et de recherche en droit administratif, constitutionnel, financier et fiscal (CERDACFF) dell'Université Côte d'Azur, specialista in relazioni transfrontaliere e docente universitario

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Se cerchiamo di misurare le esternalità positive e quelle negative del collegamento autostradale italo‑francese, qual è, secondo Lei, il lato che ha un peso maggiore?

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Penso che, storicamente, se non fosse stata costruita l’autostrada, la mobilità sarebbe stata nettamente ostacolata, tenuto conto dei vincoli topografici. Era una questione di vita o di morte all’epoca. Personalmente, mi ricordo che negli anni 60, quando non esisteva l’autostrada, durante l’estate il traffico per arrivare a Mentone risaliva addirittura fino a Sanremo. Dunque, si trattava effettivamente di una questione di sopravvivenza. Non ci sarebbe stato alcuno sviluppo economico senza l’autostrada. Questo è il primo punto in positivo.
Il secondo elemento in negativo è che, per gli utenti e per gli abitanti delle zone interessate, si tratta di un servizio pubblico a pagamento e questo ha un impatto sul budget, sia dei privati che delle imprese.L’ultimo elemento da aggiungere è che, tenuto conto della topografia, il miglioramento di questa infrastruttura è estremamente difficile. Va tenuto conto dell’età di questa infrastruttura stradale, che in particolare comprende un numero estremamente importante di viadotti e ponti. Per questo si rendono necessari lavori permanenti, che causano rallentamenti permanenti.

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Tra le criticità del trasporto su gomma c’è senza dubbio l’impatto ambientale: pensa che nel futuro punteremo maggiormente su mezzi di trasporto più ecologici piuttosto che continuare a investire sulle autostrade?

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Come sappiamo, la questione climatica e ambientale ha molte sfaccettature e comprende elementi interdipendenti. In questo sistema complesso di gestione della questione climatica, ognuno ha il proprio punto di vista specifico. Mi spiego in maniera più concreta. Alcuni pensano che il problema dei trasporti vada gestito tramite la tecnologia. Altri parlano dello sviluppo del trasporto ferroviario. Altri diranno che bisogna concentrarsi sui mezzi di trasporto pubblici. Altri ancora hanno posizioni dogmatiche sull’aereo. Ognuno ha la propria sensibilità in merito.
Per quanto mi riguarda, penso che la questione centrale dei problemi legati agli spostamenti non sia l’infrastruttura in sé, ma il modo in cui ci si sposta. È una questione di assetto territoriale. In sostanza, la questione degli spostamenti deve essere considerata a monte. La domanda da porsi è: “perché sono obbligato/a a spostarmi?”. In altre parole, in Liguria e nelle Alpi Marittime, il problema fondamentale è quello della dispersione urbana, ovvero il problema del consumo del suolo. Quindi, secondo me, è necessario affidarsi alla mobilità residenziale, quando possibile: in altre parole, non andare ad abitare dove non c’è lavoro. È rivoluzionario ed è difficile da mettere in pratica perché cambia completamente lo stile di vita. Bisogna sottolineare che chi abita in città consuma, in generale, dai 10 ai 20 metri quadrati di suolo. Chi abita una villetta fuori città consuma una superficie di 20 volte più grande e, soprattutto, genera molti più spostamenti. Più ci si allontana per abitare, più ci si dovrà spostare.Per quanto riguarda l’autostrada, più le persone si espandono, più abitano distante, più dovranno circolare e quindi serviranno più strade. Però le persone attualmente accettano a fatica che si prenda il loro terreno per costruirvi una strada. È quello che prende il nome, in sociologia urbana, della sindrome NIMBY (acronimo dell’espressione inglese “Not In My Backyard”: ho bisogno di una strada, ma non voglio che questa passi nel mio giardino. Collettivamente siamo tutti coinvolti in questa contraddizione, secondo la quale ognuno vuole più servizi pubblici, ma a condizione che siano a casa del vicino.

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Ha parlato del trasporto ferroviario. Pensa che in futuro si punterà sul trasporto su rotaia piuttosto che sul trasporto su gomma?

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È chiaro che il futuro si gioca sul nodo ferroviario per dei vantaggi chiari sia per il trasporto di merci che di persone. Si tratta di un’infrastruttura che esiste dal XIX secolo, che ha sicuramente la migliore virtù ecologica immaginabile e che può, aumentando le cadenza, essere ancora più utile. Il problema del nodo ferroviario è triplice: il primo aspetto da considerare è la continuità tra gli impianti tecnici dal lato francese e italiano, il secondo è l’aumento delle cadenze sulla costa e il terzo è il rafforzamento del collegamento con la Val Roia.

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Per riassumere, le questioni principali da considerare quando si parla del collegamento autostradale, sono il problema tecnico di realizzazione, il problema della tariffazione, dell’impatto ambientale e economico del futuro dell’infrastruttura. Va anche considerata la complementarità con il trasporto su rotaia e la mobilità sostenibile, per esempio in bicicletta.

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